" L’opera più nota e più originale di Panciroli sono i De claris legum interpretibus libri quatuor (Venetijs 1637), editi postumi a cura del nipote Ottavio: si tratta di un’ambiziosa storia della giurisprudenza antica e medievale che comprende numerosi profili di giuristi, esposti in sequenza cronologica, da quelli romani (nel primo libro), a quelli medievali e moderni fino ai suoi tempi (divisi tra civilisti e canonisti, rispettivamente nel secondo e nel terzo libro), finendo poi (nel quarto libro) con una rapida rassegna delle università europee (denominate «accademie») e della loro data di fondazione. Tali biografie sono assai sintetiche e non immuni da errori e inesattezze anche gravi, ma offrono comunque un’utile raccolta di notizie e l’opera nel suo complesso supera di molto per completezza e organicità quelle di materia affine che l’hanno preceduta, compreso il De claris iurisconsultis del Diplovatazio (di tale tenore anche il giudizio del Savigny, 1834, pp. 51-52). L’ispirazione umanistica dell’opera non impedì a Panciroli di valorizzare i giuristi di diritto comune (di cui descrisse anche in breve il metodo scientifico e didattico), facendone il degno contraltare di quelli romani (contro la tendenza umanistica alla loro radicale svalutazione sul piano scientifico, espressa esemplarmente da Lorenzo Valla) ". C.f.r. Treccani. Dizionario biografico degli italiani.
Note sull'opera
lesemplare in barbe, eggera uniforme brunitura, qualche macchietta, pp. 498-504 mal impaginate.
Note sull'autore
Panciroli GuidoGiurista nato a Reggio Emilia nel 1523 e morto nel 1599. Studiò giurisprudenza prima a Ferrara, poi a Pavia per seguire le lezioni di Alciati quindi a Bologna richiamato dalla fama di Mariano Socini e, infine, a Padova dove, ancor scolaro, gli fu assegnata la seconda cattedra di Istituzioni. Nel 1554 si laureò e insegnò a Padova per diversi anni ma non avendo ottenuto la promozione alla prima cattedra di diritto romano, accettò l'incarico offertogli da Emanuele Filiberto a Torino per sostituire il grande A. Cravetta. A Torino lo colse una grave malattia agli occhi che lo lasciò quasi ceco. Richiamato a Padova ottenne finalmente prima cattedra di diritto romano e la tenne fino alla morte.